Gli anni ’60, la Los Angeles hollywoodiana, gli hippie e gli spaghetti western sono gli ingredienti con cui Quentin Tarantino impasta la storia del suo nono (e a quanto pare penultimo) film, uscito nelle sale italiane lo scorso 18 settembre 2019.

Atteso da oltre un anno – da una parte perché un film di Tarantino è sempre un evento, dall’altra per l’accattivante coppia Di Caprio-Pitt – Once Upon A Time in Hollywood è una pellicola davvero particolare e da guardare con approccio intelligente.

Lo sfondo è la LA delle grandi produzioni di Hollywood, fotografata però in un momento di grande cambiamento quando la nostalgia della vecchia industria cinematografica lascia spazio alla new age hollywoodiana che si affermerà pienamente nel decennio successivo. A rappresentare questo momento di scissione è il personaggio di Rick Dalton (Leonardo Di Caprio) che nel film lotta con il suo “Birdman” in un momento di piena insoddisfazione nella sua carriera attoriale, sopportato e supportato dal suo inseparabile stuntman tuttofare Cliff Booth (Brad Pitt). Mentre Rick cerca di riprendere in mano le redini della sua carriera, Cliff ci accompagna per le strade della Città degli Angeli con una spensieratezza stridente. Seguendo Cliff, a bordo della sua Cadillac crema dalla cui radio si diffonde in tempo reale – letteralmente – la colonna sonora del film, lo spettatore si immerge nell’atmosfera fiabesca in cui il piano della finzione e della realtà sono in continuo dialogo. Perché la trasposizione filmica del tragico omicidio di Sharon Tate ad opera della setta di Charles Manson è solo un pretesto da cui partire – e da contorcere – per disegnare un’opera di immenso amore personale: qui ci sono tutti i primi amori di Tarantino, l’estetica da b-movie nelle scene di metacinema girate da Rick, l’ossessione dichiarata per le opere di Sergio Leone (già esplicita nel titolo – C’era una volta il West…), il gusto per le citazioni, gli omaggi – ma secondo il suo stile (Bruce Lee!) – e quel suo modo di far cinema secondo scatole cinesi.

Non importa che la trama sia pressapoco delineata, di questa visione restano i dialoghi strappa risate tra i due antieroi Rick e Cliff, l’omaggio malinconico alla Tate attrice, incarnata nell’aggraziata figura di Margot Robbie, lo sguardo nostalgico su una Hollywood che fu e che mai più sarà (come la poetica sequenza al ranch degli hippie che ricostruisce la tensione dei duelli western) e una regia a dir poco magistrale (tra le migliori della sua carriera). Perché è impossibile non guardare anche al lato tecnico di questa pellicola, dove Tarantino si conferma ancora una volta un regista con la r maiuscola. Il montaggio sincopato e frizzante si alterna qui a piani sequenza da brivido che si arrestano in primissimi piani introspettivi. Un crescendo che ha il suo apice nell’atto ultimo, in quei quindici minuti scarsi che chiudono alla perfezione il film suggellando la storia in un finale inaspettato, ma oltremodo appropriato. Per gli amanti di Tarantino l’attesa viene soddisfatta nelle scene finali, quando le tinte diventano decisamente grottesche e ci viene concesso un po’ di sano splatter.

Tra la recitazione impeccabile di Di Caprio e Pitt che, ancora una volta, si riconfermano tra i migliori del cinema contemporaneo, e il gusto con cui Tarantino si diverte a giocare con le aspettative dello spettatore, ne viene fuori – in ogni caso – un capolavoro. E poi, che dire, ce l’aspettiamo una nomination per Migliore Scenografia? Perché come ha reso Tarantino gli anni sessanta, poteva farlo solo lui.

C’era una volta… Tarantino. E c’è ancora, ma se entrando in sala ti aspetti di vedere il package tarantiniano in puro stile pulp, Once Upon A Time in Hollywood potrebbe deluderti. Se invece sei disposto a prestare davvero attenzione a quello che stavolta il Maestro ha da dirti, ne potresti essere positivamente sorpreso.

Le scene destinate a diventare cult:

  • Il monologo di Rick Dalton nella roulotte del trucco dopo aver dimenticato le battute sul set
  • Il viaggio mentale di Cliff in cui si batte con un improbabile Bruce Lee
  • Il letale lanciafiamme di Rick sul finale